martedì 29 maggio 2007

domenica 27 maggio 2007

sabato 26 maggio 2007

venerdì 25 maggio 2007


storia salmastra che gira nell'aria

si fermò sulla cima del molo più lungo, vanto di un dio del mare stanco di vivere a fondo. si appoggiò ad un faro vestito di anelli bianchi e blu come totani vestiti dolce&gabbana, che gettava la sua luce intermittente su quell’ombra scura di fronte, un remo chiaro che entrava ed usciva dall’acqua senza spostare nulla e senza fare rumore. guardò verso il niente credendosi mago per vedere il futuro aspettando che la ciurma ubriaca dei folletti bugiardi saltasse fuori per dirgli che era tutto uno scherzo. che nave era pronta a spiegare le ali, che il vento era largo e buono per partire.
un gabbiano parlante figlio di un grillo gli urlò - vattene a casa – gettando un ricordo che lo colpì ad una spalla. prese un granchio senza sbagliare la mira e sorrise guardando le chele attaccate al culo pennuto.
la banda branzini cantava - la fortuna che passa mi organizzo e la mordo o rimane soltanto uno sgradito ricordo.

giovedì 24 maggio 2007

raccomandata


ho scritto il nome su un foglio di carta. ho preso una penna stilografica che era di mio padre, precisa e chiara come era anche lui, e l’ho scritto su un foglio trovato per casa, salvato alla furia di un uomo ordinato. ci ho messo un secondo, non credo di più. un tratto veloce colore del mare, quello che trovi più al largo quando si fa più profondo. un’onda improvvisa sopra un mare sottile. delle lettere dispari, una a fianco all’altra, come truppe da sbarco non troppo allineate ma che quando le vedi capisci subito cosa vuol dire. e ti viene da correre incontro allargando le braccia ed il sorriso. o da scappare lontano per non sapere come finisce la storia.
ho scritto quel nome per lasciarlo andar via, acqua di un fiume che scorre costante, ed con gli occhi chiusi ho piegato quel foglio in modo preciso, stando attento che gli angoli combaciassero bene come le labbra di due amanti uguali ed imperfetti.
ho aperto una busta di un formato diverso, un vestito sbagliato senza troppe pretese sopra un corpo speciale dal carattere antico e l’ho spedita il mittente perché un giorno ritorni. con il suo segreto che poi è anche il tuo.


martedì 22 maggio 2007

tempo al tempo. a noi quel che avanza


non è sempre questione di senso del ritmo che talvolta il ritmo tarda a venire. è questione di tempo da dare e poi chiedere indietro, di un'attesa cuscino che non faccia dormire. di non credere sempre a quello che è, tanto meno a quello che crediamo che sia.
perchè ci sono più miopi di quelli che pensi. che per pensarsi più belli non mettono occhiali.


E Arkeology > 06 T...

(che se guardi più in là alla fine balliamo)

come ognuno a suo modo


ti chiedi mai se non sia preferibile un'immagine ferma che non siano i venti del mese a portarseli via, un fotogramma scolpito nella tua memoria digitale che un giorno cancelli e non ricordi più niente ad un volo impreciso come un tedesco ubriaco, ad un paio di ore passate vivendo?

e non sarà meglio una statua di carne da cuocere al sole di mille parole e lasciare scondita come cibo per cani, di un tuffo nell'acqua dell'alterna fortuna per imparare a nuotare come farfalle impazzite?

mi chiedo e rispondo.





lunedì 21 maggio 2007

io conosco il futuro e per questo scommetto, certo di perdere. che sono la posta ma non prioritario, il banco che piange, il mazzo spaiato. che non baro da morto ma azzardo un bel gioco, che rilancio e non vedo e men che meno ti tocco. che ho scoperto lo carte e poi vedo le mani. che le mie le conosci e lo sai cosa perdi.

il mio amore è una palla di vetro che rotola lenta sopra un piano inclinato.

domenica 20 maggio 2007


ho chiuso gli occhi un secondo all'ombra di un sole da mille candele, con l'animo inquieto di un pesce volante. i piedi palmati sul bordo scucito di questo mare di juta e la testa a far sogni profondi cento metri o anche di più. mi sono tuffato nel cielo picchiando la faccia contro la mia luna un po' storta.
perchè come un morto ammazzato sul luogo del proprio delitto io vado, poi torno, non passo dal via, non vado in prigione e non disfo i bagagli che un attimo dopo forse di nuovo riparto. entro in punta di mani e saluto coi guanti per non disturbare il vostro rumore pesante. e se un giorno scompiaio potrete dire 'sapevo', poi magari ripasso come uno studente distratto e me lo spiegate di nuovo che non capisco le vele.
presto o tardi riprenderò la mia strada privata, coi buchi d'asfalto a raschiare le ruote. porterò solo le valigie di cartone animato, con dentro un cuore di scorta del mio campionario di piazzista appiedato. un cuore di vetro, guardare-non-toccare, come colori che rimbalzano in aria dopo essere esplosi.
ma per ora rimango con la voglia evidente di starti alle spalle, come una pelle macchiata che non vuoi più nascondere. finchè un colpo di vento non venga a giocare coi miei capelli aquilone per portarmi in posto due metri più in là.

non trovi strana questa vita allo specchio? appoggiare l’orecchio sulla parete di vetro e tirare ad indovinare come vanno altri viaggi. e sembra impossibile capire altre sfere quando già poco capiamo del nostro sistema polare.
lasciamo cadere le nostre tessere a caso. fatte di attese che bruciano i fianchi, paure bambine di mostri di carta, parole sprecate ad urlare controvento. di sentimenti sparsi come semi di grana e strampalate pretese come un domani passato. seccate in un forno che brucia veloce e non fissa i colori ma spacca la terra. e ci fingiamo esperti a restaurare il mosaico. diciamo la nostra e ci sentiamo importanti. senza sapere che la vita indietro non torna, che è un senso unico spesso preso al contrario.
per questo prometto come un marinaio in pensione e non crederò più in nessuna parola. che di fatti ho bisogno, per cui fumiamo cannoni.

sabato 19 maggio 2007

un sospiro di seta, che vorrebbe essere bacio.



il mio occhio sinistro vede a 35 mm.
vede il mondo fai-da-me, ed i tuoi colori che esplodono senza lasciare feriti. vede un amore sotto l’ombra di un ulivo, dove gli altri a ragione soccorrono un prato, bruciato dal sale di queste lacrime vuote .
il mio occhio si specchia dentro un bicchiere scolato, che prima di bere sembrava un lago fantasma, dove annegano anime e si impasta la bocca. e quello che vede non gli piace un granchè. una luna ciliegia che qualcuno si mangia, sputa il nocciolo in mare bestemmiando il mio nome.
io mancino di nascita, cresciuto sinistro, militeassolto, guida con lenti, io guardo al contrario, felice e scontento, non vado vicino e non vedo lontano.
ed ogni tanto mi chiedo solo dove guardarti ma poi smetto subito e brindo al tuo cuore.

(ognuno la vede come crede, perchè una storia non è mai la stessa. dipende.)

venerdì 18 maggio 2007

potrei essere una serratura, una porta, un niente che sta tra te e me.
potrei essere il cuscino si cui posi i tuoi pensieri, la coperta per scaldare il tuo camminare.
potrei essere aria come sono davvero, e tante cose, quelle che pensi.
potrei essere una scala, un passo, un salto nel vuoto.
potrei essere un amore vero, due denti scuri, un occhio spento.
potrei essere un sacco di sabbia tra il mare ed il resto del mondo.
potrei essere quello che vuoi. sarò solo quello che sono.



giovedì 17 maggio 2007


Un po’ come quelle birrerie a Monaco dove entri e ti siedi dove trovi posto. Era l’82 e l’Italia era campione del mondo, che in fondo è un’analogia anche questa. Avevo passato l’esame, ero maturo, senz’altro più di adesso. Cento treni, quattro vestiti e qualche libro. E tre pirla in gita premio.
Siamo entrati che l’orchestrina bavarese già suonava e quattro giapponesi nostalgici e patetici ballavano il ballo del qua qua che dalle loro parti speriamo si chiami in qualche altro modo meno imbarazzante. Adocchiati tre posti ci siamo presentati a quelli che erano arrivati prima di noi. Tre pensionati locali, due signori ed una donna, in controtendenza con le statistiche mondiali della vedovanza, che tra chiacchiere incomprensibili ed abbondanti sorsate hanno alzato il sopracciglio per dire benvenuti prima di tornare a tuffarsi nei loro boccali. Gli altri quattro erano un’ allegra famigliola in trasferta. Di Amburgo, o forse no. Padre, madre e figlia. Fidanzata, che il fidanzato c’era anche lui.
A diciott’anni parli di calcio e se hai vinto un mondiale ne parli più volentieri con chi hai sconfitto in finale. Salvo scoprire che lui, il fidanzato, tifava brasile. Ma non è stato un problema che avevamo battuto pure loro. E dopo due litri birra sei amico di tutti.
Chissà come, sei campionati dopo, mi sono ritrovato a quel tavolo seduto davanti ad uno schermo. A parlare con gente sconosciuta. A cantare fuori dal coro. A parlare di calcio, di sputi e sudore. A fare amicizia, e qualche cosa di più, senza orchestrina che la musica l’ho portata io.
Ed il finale è lo stesso di ventiquattro anni fa. Da solo nel bagno a fare pipì. E lei andata via con il suo pezzo di mondo.



mercoledì 16 maggio 2007



gli occhi di brace della zingara triste ti riducono in cenere manco fossi una ciste,
e se supplichi o chiedi sulla carta da bollo , per una modica cifra spacca l’osso del collo.
non basta l’aiuto delle vestali emigranti per garantirti il sorriso quando hai giocato coi denti.
che hai scommesso ed hai perso quando un tempo eri creso. la giostra ha girato, il calcinculo l’hai preso.
la donna cannone ti soffocherà nella carne tra salsicce e salami che non smetti di darne
e tra pastoie ed antipasti quanto vino berresti, quello bianco brillante che ti porta il mattino.
balla la nana vestita da sera, canta poppea dentro il latte materno.
mille navi arrivate fatte di cera che se ci provi a volare finisci all’inferno.
e con belzebù sulla porta puoi ballar la mazurca, pensando di stringere una donna ma porca,
che apprezzi per bene tutto quel che puoi dare, che se non vedi e non senti non si può giudicare.
finisce l’orchestra con un giro di samba , poi parte una corda, una stecca la tromba,
tutti a casa a pensare attaccati al bicchiere. fate quel che volete: io vi amo signore.

martedì 15 maggio 2007


See Breeze Talvin ...
01 I Am the Man.wm...



ho imparato presto a nuotare, bambino di mare, scaraventato giù da un canotto allagato da un genitore stile libero. - adesso vai - disse allontanandosi.
ricordo un terrore salato e litri d'acqua filtrati dal mio corpo scomposto ma intero. muovevo le braccia inventando fontane e più che nuotare volavo. ma in fondo stavo a galla e questo era già qualche cosa. ho cominciato presto a tuffarmi, con la pancia rossa e senza troppe acrobazie. facendo la bomba o prendendo facciate. ma ho cercato, ed insisto. ogni tanto riesco, tagliando il pelo dell'acqua unendo le mie mani rasoio.
ho cominciato presto a provare e non sempre funziona. ma non saprei fare a meno o
stare al bordo del mare immaginando gli spruzzi e la gioia. pensarsi bagnati ed assassini, soffocando la voglia con un cuscino codardo.
che vivere davvero è buttarsi dove non tocchi. tutto il resto non conta (e di toccarti ci conto)

lunedì 14 maggio 2007

Limpido granato di buona profondità e consistente. All’esame olfattivo esprime intensità, una buona persistenza, qualità tendente all’ eccellenza; emergono delicati profumi di viola appassita, ciliegia e mora, vaniglia, cacao amaro e tabacco. Al gusto è secco caldo, di corpo, tra poco e abbastanza fresco, tannini fini e non invadenti, quasi morbido, tendente all’equilibrio; intenso e lungo nella persistenza, qualità quasi eccellente. (langhe rosso arte 2002 – clerico)

Questo vino ti assomiglia, lei disse. Intenso come le tue parole, quelle che pensi e non dici, quelle che sento senza doverle ascoltare. Persistente che non penso ad altro, come un tamburo che batte e il ritmo ti scuote anche quando ha finito, come il respiro veloce dopo aver fatto l’amore e che quasi non vuoi che ritorni normale.
Lo invitò al gioco tenendo in mano un nastro sottile. Rosso, come quel vino. Come la loro emozione.
Lui la ascoltava rivolto di spalle, guardando lontano o forse senza proprio guardare mentre lei lo bendava. Perché un uomo così bisognava farlo vacillare perchè si rendesse conto di quel che valeva. Avvicinò la poltrona, rossa anche lei, alla sedia dove, curioso e divertito, la stava aspettando senza più vedere nulla. In quell’ombra artificiale di cui lei l’aveva avvolto perchè ritrovasse la luce, come il sapore dell’acqua quando hai una gran sete, il sentire più forte di un amante non amato, un punto nero sulla tovaglia bianca che vedi all’istante come fosse il mare dall’alto. Un gioco di sguardi che se mancano sono più vivi.
Gli prese la mano e ne baciò il palmo poi gli passò il bicchiere. Forse non aspettava altro che da troppo tempo la stava aspettando, e quel vino lo accolse come fosse lei, bere così gli sembrava quasi di bere il suo sangue.
Dimmi che vino è… Neanche il tempo di chiedere e lui rispose. Non fu difficile che in fondo era il suo vino preferito e lei lo sapeva. Che proprio quel vino, proprio quel nome li aveva fatti trovare.
In quel bicchiere risentì il profumo del loro incontro e della loro assenza. Con gli occhi chiusi sotto quell’inutile nastro sentì ancora l’odore del suo collo che sapeva di bambini e di temporale. Con gli occhi chiusi vide quelli di lei, colorati d’oro ed ulivo, specchiarsi dentro ricordi disperati di città bellissime e treni e parcheggi e ospedali e labbra, di tramonti senza l’alba, gente che guarda, una lacrima che non scende, fantasmi e vampiri. Di tutta quella loro strana storia.
Amava quel vino che era vero, forse gli assomigliava. Amava lei, che era così diversa.

Alla vista si presenta con un color giallo verdolino brillante e sfumature di giallo verdolino, molto trasparente, buona effervescenza, perlage fine e persistente. Al naso esprime aromi delicati, puliti e gradevoli che si aprono con note di pera, mela e pesca seguite da aromi di ananas, biancospino, ginestra e litchi. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco fresco, effervescente e abboccato, comunque equilibrato, delicato, sapori intensi, piacevole. Il finale è persistente con ricordi di pera e pesca (prosecco di valdobbiadene giustino b 2003 – ruggeri)

Lo lasciò ad aspettare ed accese l’impianto stereo. La musica l’aveva scelta da prima con cura. Che ci sono suoni che hanno un odore. Che sanno di caldo e del sole di bombay. O che sanno di salsa e di cibo.
Ci sono canzoni che ascolti e le senti. Nel naso, nel cuore, dentro comunque.
Quella musica sapeva di graffi e candele, di caldo e di brividi. Sapeva di pelle, di carne, di occhi negli occhi. Di corde e di gambe, di corpi lenti in bianco e nero. Di incontri nascosti, di respiri veloci che man mano accelerano e di colpo finiscono. Per questo aveva scelto i Massive Attack. Group Four sapeva di sesso.
Il secondo vino lo centellinò, solo le poche gocce che un dito immerso nel bicchiere può portare alla bocca. La sua, aperte. In attesa di lei. Lui morse quel dito che sapeva di buono. Non male ma un piccolo dolore che le arrivò dritto alle reni. Sette morsi, che lei conosceva, lenti come un gioco che sa di cera e di polvere. Morsi che le fecero inarcare la schiena. E mentre lui gustava quelle gocce di vino e sudore lei sentì forte salire la voglia.

10 Group Four.wma





Dreams and desires - Family ties from Short_film on Vimeo
ho un cuore forato che fischia e perde aria. appartengo alla stirpe di chi è abbandonato che si sente randagio anche dentro una casa. ho imparato l'entusiasmo così so di averlo perso. e la mia vita è una discarica di spreco e rifiuti. ad ogni passo sento il coro delle assenti che muto mi guarda e poi volta la faccia verso la cime di monti di scuse. stonate le sento vai via, ti prego. e non essere triste senza rendersi conto del loro peccato immortale. che sia tempo, lo spazio o uno stupido naso, ogni volta è diversa. sempre uguale la fine. (scritto una sera, riletto al mattino)

domenica 13 maggio 2007

se ne stava in un angolo con la testa dentro un mondo di mezzo, emarginata al tavolo dei piccoli. ma a quattordici anni piccola non ti senti più. grande nemmmeno. lo sguardo tuffato sul cellulare mandando sms come fossero in bottiglia. gli occhi vuoti di chi si sente solo. senza odio per ti ci ha costretto e non ti guarda.
- da zero a cento quanto sei disperata?
mi ha guardato come uno che non hai mai visto prima, forse anche perchè oggi è stata la prima volta.
ha sorriso abbagliandomi col riflesso del suo apparecchio. a spalancato un paio di occhi grandi ed opachi come la sua noia.
- parecchio. davvero.
è andata via salutando tutti con educazione timida ed infelice. sorridendomi ancora come fai tra chi è scampato ad un disastro.
che bastano due parole per sentirsi uguali. e un silenzio più lungo per scambiarsi un addio.

venerdì 11 maggio 2007

eccoci qua, a guardare anche oggi dentro questo orologio scassato. a far finta di essere esperti, a credere di capirci qualcosa.
eccoci qua, ad accumulare altro ritardo come un appuntamento mancato, a segnare un'ora diversa facendo finta sia esatta come una tassa locale.
eccoci qua, amore mio, a non vedere più l'ora perchè troppo distante, a lanciare dei sassi per spaccare il secondo come teppisti di strada che il loro tempo hanno già fatto.
eccoci qua, a contare i secondi sperandoli primi, a guardare i minuti farsi sempre più grossi, a segnarsi l'ora che non è mai un adesso.

ho ancora in tasca un vecchio cronografo fermo da tempo, quello che dovrebbe segnare. una cosa speciale che ho trovato lungo una strada che ho perso. e che sia prima o sia dopo il suo momento sarà.

chissà come si impara ad amare la lentezza del cuore. a godere di istanti incendiari e di una calma pompiere, dell'aria calda al posto di un volto. chissà come fare quando il domani si allontana di un'ora. invidio davvero chi sa accontentarsi anche quando non gode, i conducenti perchè non gli è vietato parlare, chi frena con la mano senza pagare la multa, chi in viaggio chiude gli occhi e non guida o si ferma.
io non riesco a dormire quando salgo su un treno.

vivo lontano da quello che il mio posto ed ogni giorno faccio cose come ognuno di noi. apro gli occhi ad orari diversi e guardo un mondo che non so se capisco. la colazione la salto per non fermarmi a pensare e mi tuffo per strada sbattendo la testa ogni volta. e poi corro e non da te e tu fai lo stesso. annaspo cercando di rimanere a galla senza bere troppa acqua che il vino ha più gusto e sorrido inadeguato spesso senza un perchè. e come in una ruota fuori asse si torna ogni giorno, più o meno gli stessi.
che essersi trovati è stato solo un caso che ci attira senza avvicinarci verso un luogo comune perchè siamo speciali ed immaginarsi è la nostra arte.


giovedì 10 maggio 2007

li guardi e pensi sempre cosa passi nella loro testa in quegli istanti che sembrano lunghi a te, figurati a loro. occhi chiusi e nervi tesi, coraggio a raccolta come le truppe in battaglia. pronti a saltare, sia in lungo che in alto, ovunque vada il loro cuore. e non importa il risultato, non ancora. importa partire, dare un senso all'attesa. fare reale quel volo virtuale. correre veloci, finire l'attesa, provare, vivere. chiedere al pubblico di battere il tempo (quasi quasi parrebbe un mambo), tenerlo quel tempo, non inciampare, sorridere sudando.
e poi trovarci come fossi la sabbia del fosso in cui entri a piè pari, il cuscino su cui atterri e sprofondi.
volare senza farsi male. è questo il tuo destino con me. parti.

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